Diwata

Una immaginaria rappresentazione del Diwata

La parola diwata, derivante dal sanscrito devata (देवता) e tradotta come encantada in spagnolo, indica una leggendaria creatura della mitologia filippina, dalle sembianze di una driade. Si tratta di spiriti benevoli oppure neutrali, invocati attraverso rituali per una buona crescita delle colture, salute o fortuna; tuttavia, se non rispettati, tali spiriti possono portare anche malattie oppure avversità.[1]

Secondo le credenze filippine, risiederebbe in possenti alberi come l'acacia o il baniano e sarebbe uno spirito guardiano della natura che porta benedizioni oppure maledizioni a seconda di chi arreca del bene o del male a foreste o montagne. La figura del diwata trae le proprie origini dagli esseri legati al devata e presenti nella religione induista oppure in quella buddista. Nell'iscrizione su rame di Laguna (il più antico manoscritto filippino) risalente al 900 d.C., viene inoltre menzionato un certo Capo di Mendang, Giava, nominato in qualità di rappresentante del Capo di Diwata, nella città di Butuan, situata a Mindanao.

Il termine "diwata" ha assunto diversi livelli di significato a partire dalla sua assimilazione nella mitologia filippina pre-coloniale. In alcune circostanze è utilizzato impropriamente per fare riferimento ad una tipologia generale di esseri, come elfi o fate, oppure a creature particolari come menzionato sopra. È da notare che nelle Filippine la parola "diwata" è utilizzata come sinonimo di "anito": mentre la prima è prevalentemente utilizzata nelle zone meridionali del paese, nelle parti settentrionali è invece più usata la seconda.

  1. ^ William Henry Scott, Barangay: Sixteenth-Century Philippine Culture and Society, Manila, Ateneo de Manila University, 1994, ISBN 971-550-135-4.

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